La lunga pausa dalla scrittura creativa non è stata un semplice silenzio, ma un’eclissi della voce, un’interruzione che riflette un’esperienza di vita stratificata. Riprendere a scrivere oggi non è solo un desiderio, ma un atto di ricomposizione, una scelta necessaria e consapevole per affrontare e integrare le sfide che hanno scandito il mio percorso. Farlo oggi, in un giorni di eclissi di “Luna Rossa” lo considero un segno.
Tre sono stati i fattori principali che mi hanno allontanato dalla tastiera. Il primo è la deontologia professionale, un valore su cui mi sono formato e che impone il massimo riserbo sul mio lavoro. Questa mentalità, focalizzata su conclusioni verificate e oggettive , si scontra con la natura intrinsecamente soggettiva ed emotiva del tenere un diario pubblico (che noi anziani digitali, spesso definiti Generazione X o pionieri, abbiamo battezzato blog). Questo “blocco” non è mancanza di parole, ma conflitto interiore tra il riserbo e la necessità di autenticità, che mi ha sempre portato a scrivere quando c’era necessità di farlo e non per “dovere” di like. Una delle frasi che la mia metà Mariagrazia mi sente spesso ripetere è: “Se anche solo avessi ipotizzato che l’informatica sarebbe stata usata per i social network, avrei scientemente studiato psichiatria“.
Il secondo fattore è la tirannia del tempo. Ho sempre cercato di suddividere la mia giornata tra “tempo lavorativo”, “tempo libero” e “tempo famiglia” ma ho visto questi ultimi erosi da un’invasione costante di impegni e burocrazia. Il poco tempo libero che ho lo dedico alla mia amata Fertilia, perché so di doverle molto. Per altro la mancanza di tempo per scrivere non è solo una questione di quantità, ma di qualità: il tempo a disposizione è stato frammentato e reso saturo di stress da quegli stessi strumenti informatici che nelle mie visioni di studente avrebbero dovuto consegnarci maggior “tempo libero”. La sfida non è tanto trovare il tempo, ma crearlo, imparando a proteggere e dare priorità a ciò che conta davvero.
Infine, il più profondo dei motivi è stata la prematura perdita di mio fratello Michele, il “perno della nostra memoria di famiglia e di comunità.” Il lut ha ancora una volta frammentato lo spazio di quello che consideravo un nuovo equilibrio raggiunto. Mi sono ancora una volta ritrovato in quel processo non lineare che richiede tempo e pazienza alla ricerca di “nuovi equilibri”, come sentono ripetere spesso le persone che amo e mi stanno vicino. D’altra parte la passione per la mia professione nasce dal mio primo grande lutto di bambino. Anche oggi, come in tanti momenti che hanno profondamente segnato la mia vita, la scrittura emerge come un alleato necessario, un viaggio dentro Giancarlo, nel quale mi riprometto non solo di onorare la memoria di tutti i miei cari ma soprattutto di trasformare il dolore in nuova forza creativa. Il fatto che questo moto creativo, come mi fa notare mio figlio Paolo, rinasca oggi, nel giorno della canonizzazione del beato Carlo Acutis, lo considero un altro segno.
In questa complessa interazione di forze, nelle scorse ore, partecipando ad Alghero alla presentazione del libro “Spiritualità” di Michelangelo Pistoletto e Antonio Spadaro, ho trovato ispirazione nei concetti espressi nel dialogo tra gli autori, sapientemente moderati dal giornalista Gianni Garrucciu. Il capitolo del libro denominato “Spiritualità algoritmica” ben mi rappresenta. La mia lunga pausa può essere vista come la tensione tra la vita personale (natura
) e il lavoro e la burocrazia (artificio
). La scrittura, in quest’ottica, diventa il mio personale terzo paradiso
, il grembo generativo in cui si riconciliano i miei mondi. In essa individuo l’atto di usare la disciplina e il rigore professionale per dare forma a una narrazione che parla di emozioni profonde e di ricordi.
Ecco perché torno a scrivere: per compiere un atto di resistenza, per riconquistare il mio tempo, per conciliare identità apparentemente in conflitto e per trasformare il dolore in un’eredità. Il mio prossimo articolo non sarà solo una storia, ma la mia personale visione di cosa sia il “progresso”.
Nota: Sì, in questo articolo, come in tanti, ho utilizzato quello strumento che il marketing ha ahimè chiamato con l’infelice nome di “intelligenza artificiale”, un ossimoro su cui mi prometto di portare presto la mia riflessione.